TFR: nuove norme per promuovere le pensioni complementari

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Il presente contributo affronta il tema dei meccanismi di destinazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) alla luce delle novità in discussione nell’ambito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2025 volte a promuovere il passaggio del TFR a fondi pensione.


Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una delle voci più significative per la gestione economica dei rapporti di lavoro subordinato. Negli ultimi anni, il TFR ha anche assunto un ruolo cruciale nel dibattito sulla previdenza e sul welfare aziendale.

Come è noto, ogni datore di lavoro deve accantonare per ciascun lavoratore un importo – calcolato secondo criteri legali – a titolo di TFR, che dovrà essere, poi, corrisposto al lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

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Più precisamente, il TFR costituisce una parte fondamentale della retribuzione differita, che matura annualmente e si accumula con una determinata modalità di calcolo. In particolare, ai sensi dell’art. 2120 cod. civ., tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. Ogni anno, l’importo viene aggiornato in base a un coefficiente che tiene conto dell’inflazione. Al termine del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto a ricevere l’importo accumulato, comprensivo di eventuali rivalutazioni annuali.

In forza della normativa in vigore, ciascun lavoratore dipendente può scegliere di destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari o mantenerlo presso il datore di lavoro. In relazione all’anzianità contributiva maturata presso gli enti di previdenza obbligatoria si aprono diverse possibilità di scelta per i lavoratori.

1. Destinazione del TFR: Diverse Opzioni – Lavoratori dipendenti iscritti ad un ente di previdenza obbligatoria a far data dal 29 aprile 1993

La scelta del lavoratore ha a oggetto l’intero TFR maturando e può essere manifestata in modo esplicito (dichiarazione espressa) o tacito (silenzio-assenso all’adesione).

Entro 6 mesi dalla data di assunzione (se avvenuta successivamente al 1° gennaio 2007) il dipendente può scegliere di:

    • destinare il TFR a una forma pensionistica complementare o
    • mantenere il TFR futuro presso il datore di lavoro. In questa ultima ipotesi, per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, l’intero TFR è trasferito dal datore di lavoro al Fondo di Tesoreria istituito presso l’INPS.

La scelta di destinazione del TFR a una forma pensionistica complementare deve essere espressa dal lavoratore attraverso una dichiarazione scritta, tramite il Modello TFR2, indirizzata al proprio datore di lavoro con l’indicazione della forma di previdenza complementare prescelta.

La dichiarazione scritta è necessaria anche nel caso in cui si scelga di mantenere il TFR in azienda.

Qualora entro 6 mesi dall’assunzione, il lavoratore non abbia espresso alcuna indicazione relativa alla destinazione del TFR, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, o ad altra forma collettiva individuata con un diverso accordo aziendale (se esistente). Tale diverso accordo deve essere notificato dal datore di lavoro al lavoratore in modo diretto e personale.

In presenza di più forme pensionistiche collettive, il datore di lavoro trasferisce il TFR futuro:

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  • alla forma individuata con accordo aziendale;
  • in assenza di specifico accordo, alla forma alla quale abbia aderito il maggior numero di lavoratori dell’azienda.

Trenta giorni prima della scadenza dei 6 mesi utili per effettuare la scelta, il datore di lavoro deve comunicare al lavoratore che ancora non abbia presentato alcuna dichiarazione le necessarie informazioni sulla forma pensionistica collettiva alla quale sarà trasferito il TFR futuro in caso di silenzio del lavoratore.

2. Destinazione del TFR: Diverse Opzioni – Lavoratori dipendenti iscritti ad un ente di previdenza obbligatoria da data antecedente al 29 aprile 1993

Anche questi lavoratori sono chiamati a effettuare la scelta sulla destinazione del TFR maturando, negli stessi termini e con le stesse modalità, esplicite o tacite. Tuttavia, in ragione della maggiore anzianità lavorativa, rileva anche l’ulteriore diversa casistica di applicazione o meno di contratti collettivi che prevedano il conferimento del TFR a una forma pensionistica complementare.

Nel primo caso, i lavoratori possono scegliere tra la possibilità di conferire il TFR in azienda o destinare integralmente (o soltanto una parte) il TFR maturando a forme di previdenza complementare.

Laddove non si applichino contratti collettivi che prevedono il conferimento del TFR a una forma pensionistica complementare, invece, i lavoratori possono scegliere tra la possibilità di conferire il TFR in azienda o destinare integralmente (o soltanto il 50%) il TFR maturando a forme di previdenza complementare.

Le opzioni di cui sopra presentano vantaggi e svantaggi significativi:

  • Il mantenimento del TFR in azienda offre sicuramente ai datori di lavoro, non rientranti nell’alveo del Fondo Tesoreria INPS, maggiore liquidità;
  • La destinazione a un fondo pensione permette una gestione più professionale del risparmio, con possibilità di rendimenti superiori e vantaggi fiscali. Tuttavia, le possibilità di richiesta di anticipazione per i lavoratori in caso di esigenze economiche immediate potrebbero al tempo stesso essere più limitate. I datori di lavoro che trasferiscono il TFR a un fondo pensione possono, poi, anche beneficiare di una maggiore deduzione dal reddito d’impresa e di una riduzione sui contributi previdenziali dovuti all’INPS.

3. Legge di Bilancio 2025 – le novità al vaglio

Al vaglio, vi è oggi l’ipotesi di trasferire automaticamente il TFR all’interno dei fondi pensionistici integrativi anche per i dipendenti in forza. Nello specifico, un emendamento alla Legge di Bilancio 2025 sta attualmente riaccendendo la luce, oltre che il dibattito, sull’opportunità di aprire un semestre sperimentale di “silenzio-assenso”. La modifica principale riguarda la gestione del TFR maturato (ovvero, la destinazione del TFR anche per i lavoratori già in forza) oltre che quello maturando. In mancanza di esplicita scelta, il TFR andrà versato al fondo di previdenza complementare del settore.

In numerose occasioni si è già discusso dei vantaggi e dell’utilità derivanti dall’adesione dei lavoratori a un fondo pensionistico integrativo, con l’obiettivo di garantire un’entrata aggiuntiva al momento della cessazione dell’attività lavorativa. Negli ultimi tempi, il Governo e il legislatore hanno incoraggiato l’adesione a tali fondi da parte dei lavoratori, rafforzando il cosiddetto secondo pilastro del sistema previdenziale, ovvero quello della previdenza complementare. Ad oggi, la scelta di aderire alla previdenza complementare è infatti – a differenza di quella di lasciare il TFR in azienda (che può essere sempre modificata) – irrevocabile.

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A sostegno di tale scelta vi è anche la possibilità di beneficiare di detrazioni fiscali sui contributi versati ai fondi pensione. Nonostante ciò, i numeri restano inferiori alle aspettative: attualmente, gli iscritti che decidono di aderire a piani di previdenza integrativa sono ancora pochi rispetto ai vantaggi offerti (tra cui anche la maggiore redditività dei fondi pensione).

Il meccanismo oggetto di odierna discussione si pone, dunque, come chiave per incentivare ulteriormente la previdenza complementare.

L’emendamento in questione è stato presentato il 15 novembre 2024 e, qualora approvato, avrà un impatto significativo sulla gestione dei TFR lasciati in azienda dai lavoratori già in forza. Sulla base delle notizie a oggi disponibili, sembrerebbe che il Ministro del Lavoro abbia recepito con favore tale emendamento: il che – laddove accolto – comporterà l’obbligo per i lavoratori che hanno già manifestato la volontà di lasciare il TFR in azienda di esprimersi nuovamente circa la volontà espressa in precedenza e, nel caso di mancata scelta (ovvero, entro 6 mesi), il TFR verrà destinato al fondo di previdenza complementare stabilito dal CCNL di settore o, in assenza, al fondo COMETA.

4. Conclusioni

Il meccanismo del “silenzio-assenso” è stato introdotto nel 2007 ed è, come si è detto, tuttora in vigore.

L’emendamento in discussione non fa altro che risvegliare l’applicazione di tale modalità anche per i lavoratori che una scelta l’avevano già espressa a suo tempo.

Il che, all’atto pratico, comporterà nuovi oneri in capo ai datori di lavoro che dovranno (i) stimolare una nuova decisione da parte del lavoratore (riconsegnando un nuovo modulo a tutti i dipendenti che hanno già lasciato il TFR in azienda) (ii) verificare che i lavoratori abbiano effettivamente deciso (attraverso l’avvenuta riconsegna entro i 6 mesi previsti dalla norma del modulo di adesione, in mancanza del quale, il TFR dovrà essere trasferito al fondo integrativo).

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Il che non è neanche esente da giudizi negativi che potrebbero essere (legittimamente) espressi da parte delle associazioni datoriali (specialmente) delle piccole imprese, per le quali il TFR trattenuto rappresenta una risorsa preziosa all’interno delle proprie finanze.

Alla luce di tutto, nonostante l’acutezza dell’emendamento in questione, le ragioni “nascoste” riflettono la volontà (espressa o tacita) di utilizzare il TFR per rafforzare le pensioni complementari. E ciò, in un contesto di riforma previdenziale che mira a consolidare la previdenza complementare come pilastro dell’economia.

Ne deriva che la scelta dei lavoratori (sulla destinazione del TFR) diventa sempre più una decisione strategica per il futuro economico del Paese, anche in favore di parti “terze” al rapporto di lavoro individuale.

Il che richiede, purtuttavia, che la scelta sia accompagnata da una solida campagna informativa incentrata sull’educazione previdenziale e finanziaria, allo stato di fatto mancante tra la maggioranza dei lavoratori e che diventa, a questo punto, inevitabile e obbligatorio fornire. Tanto più laddove i vantaggi si rivelino effettivamente concreti e, oltre alla promozione della previdenza complementare, si promuova effettivamente anche una gestione più sostenibile del TFR.



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