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Il volo del direttore dell’Aise Caravelli a Teheran. Il viaggio a Mar-a-Lago. L’accordo tra servizi segreti. E le date decisive: 2, 10 e 20 gennaio
Il giorno decisivo per la liberazione di Cecilia Sala è stato il 2 gennaio. Mentre nel ritorno a Roma della giornalista di Chora Media e del Foglio ha avuto un ruolo anche Elon Musk. E ora c’è una finestra di tempi da rispettare. Quella che va dal 12 al 20 gennaio. Ovvero tra la fine della visita di Joe Biden (nel frattempo annullata) in Italia e la proclamazione di Donald Trump come nuovo presidente degli Stati Uniti. In quegli otto giorni è attesa la soluzione del caso Mohamed Abedini Nafajabadi. E il viaggio di Giorgia Meloni negli Usa è servito proprio a preparare il terreno con il tycoon. Dal quale la premier ha ricevuto l’assicurazione che non polemizzerà con la vecchia amministrazione per la mancata estradizione dell’ingegnere iraniano con cittadinanza svizzera.
Il 2 gennaio
Con ordine. All’inizio dell’anno, racconta oggi Il Giornale, a Teheran comincia l’interlocuzione sul caso Sala. La gestione dell’arresto passa dai pasdaran della Rivoluzione all’intelligence. Che parla con l’Aise. Protagonisti sono due uomini dei servizi segreti iraniani e italiani. Nel 2022 hanno gestito insieme la liberazione di Alessia Piperno, finita per 45 giorni nel carcere di Evin. Lo 007 iraniano ha contatti diretti con Alì Khamenei. Si arriva a un accordo di massima. Che però non può diventare immediatamente esecutivo. Perché prima Meloni deve convincere gli Usa. La premier italiana lo fa nella sua visita a Mar-a-Lago. L’accordo prevede esattamente il ritorno a casa di Sala in cambio della mancata estradizione di Abedini. E si gioca in base ad alcune date del calendario diplomatico.
12 e 20 gennaio
La prima è la visita di Joe Biden prevista da oggi fino al 12 gennaio. Nel frattempo però annullata per gli incendi di Los Angeles. Con la data-spartiacque del 15. Ovvero il giorno in cui la Corte d’Appello di Milano deciderà sui domiciliari per Abedini. Carlo Nordio, ministro della Giustizia, non può firmare il no all’estradizione prima di quella decisione. L’uomo dell’intelligence italiana a Teheran spiega alla controparte iraniana che Roma rispetterà i patti. E il piano, con il suo timing, finisce sul tavolo dell’Ufficio della Suprema Guida. Che dà il suo ok. L’imprimatur all’accordo arriva dal direttore dell’Aise Gianni Caravelli. Nato a Frisa in Abruzzo, è entrato nell’esercito nel 1979, poi al Sismi nel 2002 fino al 2008. Poi il ruolo di vicedirettore vicario dell’Aise nel 2014 e la direzione nel 2020. Caravelli è partito alla volta dell’Iran per garantire i patti. E per riportare così a casa Cecilia.
Il caso Abedini
I giudici o il ministro potrebbero rimandare a casa l’iraniano anche in base ad alcune ragioni giuridiche. Tra queste i reati contestati dal tribunale del Massachussets, che non trovano riscontro in Italia. L’Italia è anche in possesso del materiale informatico sequestrato ad Abedini il giorno dell’arresto. E gli Usa sono molto interessati ai dati. L’Italia è anche in attesa di documenti dagli Stati Uniti. Che devono arrivare entro il 25 gennaio. Altrimenti la richiesta di estradizione decadrà. Questa è la seconda opzione preferita dal governo, spiega il Corriere della Sera. «Dato che Meloni ha poi spiegato che vorrebbe negare l’estradizione senza trovare forti obiezioni, a Washington potrebbero anche decidere di lasciar cadere la cosa, evitando di inviare il fascicolo a Roma», dicono i fedelissimi della premier a La Stampa.
Carlo Nordio
Proprio Nordio al quotidiano dice oggi che «la situazione di Abedini è squisitamente giuridica, e va studiata nella sua complessità, indipendentemente dal felice esito della vicenda Sala». Non sarebbe la prima volta che l’Italia rifiuta un’estradizione richiesta da Washington. L’ultimo diniego, un paio di anni fa, fu deciso da Marta Cartabia. «Dell’estradizione è prematuro parlare, anche perché sino ad ora la richiesta formale non è ancora arrivata al nostro ministero», conclude. Gli Stati Uniti paiono rassegnati: «Il caso di Cecilia Sala è stata una decisione del governo italiano dall’inizio alla fine ed è Roma che deve rispondere a domande specifiche», ha spiegato durante un briefing con un gruppo ristretto di giornalisti il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale americana, John Kirby, qualche ora dopo l’arrivo a Ciampino della reporter.
Il regime iraniano
«Sfortunatamente il regime iraniano continua a detenere ingiustamente persone provenienti da molti altri Paesi, spesso per utilizzarle come leva politica e ognuno di loro dovrebbe essere rilasciato adesso», ha spiegato il funzionario. La Casa Bianca tiene anche a ribadire che «il lavoro fondamentale svolto dai giornalisti, compreso quello di Cecilia Sala, per informare il pubblico spesso in situazioni incredibilmente pericolose come questa, dovrebbe essere protetto da qualsiasi governo».
Prima della dichiarazione in chiaro di Kirby, fonti del dipartimento di Stato avevano fatto sapere all’Ansa che non avrebbe risposto a domande specifiche sul caso perché, come ha poi ribadito il funzionario della Casa Bianca, «spetta al governo italiano farlo». Intanto gli Stati Uniti sottolineano di «rimanere piuttosto preoccupati per la proliferazione da parte dell’Iran di droni, sempre più avanzati e letali, e per il suo continuo sostegno a gruppi terroristici che rappresentano le principali minacce alla pace e alla stabilità nella regione». E, assicura il funzionario all’Ansa, «restano impegnati a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per contrastare l’intera gamma delle azioni destabilizzanti dell’Iran».
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