Quella che attende il mercato del lavoro globale da qui al 2030 è una rapida e profonda evoluzione, come illustra l’ultimo report “The Future of Jobs” pubblicato dal World Economic Forum. Una ricerca ampia e strutturata, che ha coinvolto più di mille grandi aziende a livello mondiale per un totale di oltre 14 milioni di lavoratori distribuiti in 22 settori industriali e 55 Paesi, che contribuisce oggi a delineare uno scenario di drastico cambiamento condotto da quattro forze principali:
- l’innovazione tecnologica
- la frammentazione economica globale
- i mutamenti demografici
- la transizione ecologica.
Il risultato? L’azione di queste quattro forze, proiettate nei prossimi anni, impatterà significativamente sull’attuale forza lavoro, tanto che il 22% dei lavoratori è destinato a subire modifiche sostanziali delle proprie attività nel quinquennio 2025-2030.
In termini numerici, si prevede la creazione di circa 170 milioni di nuovi posti di lavoro, pari al 14% dell’occupazione attuale. Tuttavia, questo processo di creazione sarà accompagnato dalla scomparsa o dalla totale trasformazione di 92 milioni di posizioni esistenti, equivalenti all’8% della forza lavoro. Il saldo netto risulta comunque positivo, con una crescita prevista del 7% dell’occupazione totale, traducibile in 78 milioni di nuovi posti di lavoro.
La transizione digitale sarà la locomotiva del cambiamento
Come abbiamo in parte anticipato, l’indagine identifica nella transizione digitale il motore principale di questa trasformazione, con il 60% dei datori di lavoro che la considera un fattore determinante.
All’interno di questo ambito, come era lecito attendersi, è l’intelligenza artificiale ad emergere come la tecnologia più dirompente, citata dall’86% degli intervistati, seguita dalla robotica e dall’automazione, indicate dal 58% del campione.
Tuttavia, sarebbe errato pensare che la rivoluzione del lavoro sia guidata solo dalla tecnologia: l’aumento del costo della vita preoccupa circa la metà dei datori di lavoro, mentre la necessità di affrontare il cambiamento climatico e perseguire la transizione verde viene indicata dal 41% come fattore di trasformazione significativo, che richiederà nuove figure professionali specializzate nel campo della sostenibilità.
Anche i cambiamenti demografici giocheranno un ruolo importante, influenzando la domanda di competenze e richiedendo nuovi approcci alla gestione dei talenti, alla formazione e all’istruzione. Non meno rilevante è l’impatto della frammentazione geoeconomica e geopolitica, che secondo le previsioni coinvolgerà il 34% delle imprese nei prossimi cinque anni, influenzando decisioni su commercio, sussidi, investimenti e politiche industriali.
L’analisi delle competenze nel mercato del lavoro: l’importanza dell’aggiornamento
Un aspetto particolarmente interessante che emerge dal report, è l’analisi delle competenze: si prevede infatti che il 39% delle skill attuali subirà una trasformazione o diventerà obsoleto entro i prossimi 5 anni. Un dato che, seppur significativo, mostra un trend in diminuzione rispetto alle precedenti rilevazioni (44% nel 2023 e 57% nel 2020), suggerendo un possibile rallentamento nel tasso di obsolescenza delle competenze. L’evoluzione potrebbe essere correlata all’aumentata partecipazione dei lavoratori a percorsi di formazione e riqualificazione, che ha raggiunto il 50% rispetto al 41% registrato nell’edizione 2023 del rapporto.
In ogni caso, appare altresì evidente come la carenza di competenze adeguate rimanga la sfida principale per la trasformazione aziendale secondo il 63% degli imprenditori. In risposta a questa criticità, l’85% dei datori di lavoro sta dando priorità al miglioramento delle competenze del proprio personale, mentre il 70% prevede di assumere nuove figure professionali con skills specifiche.
Infine, si osservi come il report manifesti un’attenzione crescente verso le tematiche della diversità, dell’equità e dell’inclusione, con l’83% delle aziende che dichiara di aver già implementato iniziative in questo ambito, in significativo aumento rispetto al 67% del 2023. Sul fronte delle retribuzioni, le prospettive appaiono moderatamente positive: il 52% dei datori di lavoro prevede di aumentare la quota di ricavi destinata ai salari entro il 2030, mentre solo l’8% anticipa una riduzione.
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