Pensioni, ecco cosa c’� di buono nella manovra finanziaria ormai ufficiale mentre le ultime promesse si infrangono

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Cosa c’è di buono davvero per le pensioni nella nuova Manovra Finanziaria 2025? Le misure che rientreranno nella nuova Manovra sono ormai ufficiali, o quasi, e anche quest’anno si chiude senza alcuna novità particolare per le pensioni.

Sono anni ormai che le cose vanno così: si susseguono annunci di cambiamenti e revisioni che, però, non arrivano mai. E la causa è sempre la stessa: la manca di risorse economiche disponibili.

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  • Le buone novità sulle pensioni della prossima Manovra 2025
  • Ma le ultime promesse si infrangono


Le buone novità sulle pensioni della prossima Manovra 2025

C’è molto poco di buono, in realtà, relativamente alle novità per le pensioni nella Manovra Finanziaria anche se, considerando le poche risorse economiche, le misure avrebbero potuto essere anche peggiori.

Guardando in generale alle decisioni prese, le misure ufficiali che potremmo considerare buone e positive riguardano la proroga della possibilità rivista per le mamme di lasciare prima il lavoro e delle forme di uscita anticipata, pur se quota 103 e opzione donna non hanno riscosso grande successo.

Si tratta, ancora una volta, di misure sperimentali, riapprovate per ovviare alla perdurante mancanza di una vera e propria riforma delle pensioni che riveda i requisiti attualmente richiesti e considerati troppo stringenti.

Per quanto riguarda lo sconto sull’età pensionabile per le mamme, cambia con la nuova Manovra. E’ stato, infatti, aumentato per le lavoratrici madri con 4 o più figli il limite di riduzione del requisito anagrafico di accesso a pensione da 12 a 16 mesi. 

La riduzione vale solo per donne che rientrano nel sistema contributivo e sia per la pensione di vecchiaia (i cui requisiti richiesti sono di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi) che per quella anticipata (a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne a prescindere dal requisito anagrafico.

L’altra novità che potremmo definire buona per le pensioni 2025 è la rivalutazione rivista. Il prossimo anno cambiano, infatti, di nuovo le percentuali rivalutative e, pur se la perequazione sarà piena solo per i trattamenti fino a 4 volte il minimo, le altre percentuali saranno comunque più alte di quelle attualmente in vigore.

La rivalutazione pensionistica 2025 sarà del 100% per le pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.394,44 euro); del 90% per i trattamenti superiori a 4 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte (da 2.394,45 a 2.993,04 euro) e del 72% per gli assegni mensili superiori a 5 volte il trattamento minimo.

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Inoltre, diventa più conveniente il bonus Maroni. La Manovra 2025 prevede, infatti, la detassazione dei contributi non versati dal datore di lavoro e che confluiscono nella busta paga di lavoratori e lavoratrici che decidono di restare al lavoro anche una volta maturati i requisiti per la pensione anticipata ordinaria o con la quota 103. 

Il bonus Maroni potenziato si applicherà, dunque, a chi ha già maturato i requisiti per la pensione quest’anno o in precedenza e decide di restare al lavoro e in automatico anche ai lavoratori e alle lavoratrici che nel 2023-2024 hanno già optato per il bonus.

Ma le ultime promesse si infrangono

A fronte di una serie di modifiche che potrebbero sembrare buone per le pensioni ma che, in realtà, non modificano sostanzialmente nulla in senso positivo, ci sono diverse promesse infrante che non saranno certamente a favore dei pensionati il prossimo anno.

Innanzitutto, è saltata la riduzione della seconda aliquota di tassazione Irpef, che resta così confermata (per il momento) al 35% anche nel 2025. Se fosse stata abbassata al 33% avrebbe certamente permesso ai pensionati rientranti nella relativa fascia di reddito di risparmiare in tasse da versare e ottenere così aumenti dei propri trattamenti mensili.

E’ vero poi che le percentuali di rivalutazione cambiano, tornando ad alzarsi, ma è anche vero che la perequazione del prossimo anno sarò bassa a causa del tasso deciso.

Quest’ultimo sarà, infatti, molto più basso, fissato allo 0,8% rispetto al 5,4% del 2024 e all’8,1% del 2023.

La delusione più grande per i pensionati è, però, di certo il mancato reale aumento delle pensioni minime. Saliranno, infatti, di soli due euro e non di 20 come si diceva e si auspicava.

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Nel 2024 l’importo della pensione minima è stato di 598,61 euro al mese che, grazie all’incremento extra dei 2,7%, è salito a 614 euro circa al mese. 

Il nuovo aumento del 2025 non sarà, però, progressivo, cioè non partirà non dai 614 circa al mese ma da 598,61 euro su cui calcolare il lo 0,8%. Inoltre la rivalutazione straordinaria che nel 2023 e nel 2024 è stata calcolata sul 2,7%, sarà determinata invece sul 2,2%.

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