«Aggredire i beni perché lo ‘ndranghetista non ha paura del carcere ma di perdere le sue ricchezze»

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CATANZARO Il “core business” è “Follow The money” (seguire il denaro) per aggredire i patrimoni illecitamente accumulati «perché quello che più terrorizza i capi delle organizzazioni criminali come la ‘ndrangheta non è il carcere ma è il fatto di non ritrovare più il loro patrimonio una volta uscito dal carcere». Il Capo Centro della Dia di Catanzaro Beniamino Fazio così ha presentato il calendario 2025 della Direzione investigativa antimafia, un calendario che è al tempo stesso il racconto di un impegno quotidiano sul campo, sulle orme dell’esempio e degli insegnamenti di leggende antimafia come Giovanni Falcone e Boris Giuliano (per citarne solo alcuni), ma è anche l’illustrazione di un’attività che da 32 anni la Dia, in continuo aggiornamento, produce per colpire al cuore la ‘ndrangheta e le altre associazioni mafiose. «Il direttore della Dia Carbone – ha esordito Fazio – ha voluto ripristinare il calendario dopo 20 anni e fortunatamente è andato a ruba perché il calendario spiega in modo sintetico ma chiaro una delle nostre mission, come dice il tema scelto per il calendario, “Follow The Money”, seguire il denaro: individuare le risorse che consentono alle organizzazioni riminali di consolidare il loro potete. E’ di poche ore fa lo studio di Demoskopika che parla di ricavi dal settore turistico di oltre tre miliardi per le mafie, di oltre 1,6 miliardi solo da parte della ‘ndrangheta: forse il cittadino non riesce a cogliere in pieno la portata di questi dati per questo – ha proseguito il capo della Dia di Catanzaro – il nostro compito, come anche quello della stampa, è sensibilizzare su quale sia la forza della ‘ndrangheta, che ormai investe non solo in Calabria ma in Lombardia, Emilia Romagna, Lazio e in tante altre regioni d’Italia».

Il ruolo della scuola

L’importanza dell’aggressione ai patrimoni mafiosi è sicuramente una priorità per la Dia perché – ha aggiunto Fazio – «quello che più teme lo ‘ndranghetista e il mafioso non è tanto il carcere – per loro è uno status, basta vedere quando vengono arrestati, si tolgono il cappuccio per farsi riconoscere in modo da far vedere la loro crescita nell’ambiente – quanto uscire dal carcere e non ritrovarsi più l’ingente patrimonio che ha illecitamente accumulato. Per questo noi concentriamo i nostri sforzi nella direzione di colpire i patrimoni mafiosi, un compito peraltro che non spetta solo alla Dia o alle forze di polizia ma anche ai promotori finanziarti o agli istituti bancari, tenuti a segnare all’Uif operazioni sospette di riciclaggio. Il calendario si sofferma proprio su questa attenzione nei confronti della criminalità organizzata, soprattutto della ‘ndrangheta, che ormai, con la globalizzazione, investe nei mercati internazionali nell’era digitale, utilizzando – come dice il procuratore Gratteri – piattaforme criptate che attraverso cellulari manomessi creando algoritmi sempre più sofisticati per sfuggire alle indagini». Un appello Fazio peraltro lo ha lanciato anche alle agenzie educative come la scuola: «In Calabria forse gli insegnamenti devono fare uno sforzo doppio rispetto agli insegnanti di altre regioni, perché la ndrangheta, a differenza della mafia in Sicilia, ha sempre avuto una condotta più insidiosa, e subdola, a differenza della mafia non ha fatto ricorso a eclatanti azioni violente e quindi non c’è stata la piena consapevolezza della forza della ‘ndrangheta, cresciuta anche per questa sottovalutazione. Nelle scuole – ha rilevato il Capo Centro della Dia di Catanzaro – la mafia si conosce mentre la ‘ndrangheta si conosce molto meno e quindi il compito della scuola e degli insegnanti qui è ancora più delicato perché c’è un modo radicato di pensare che va cambiato». L’ultimo pensiero Fazio l’ha dedicato a «tutti gli uomini che 31 anni fa hanno istituito la sezione della Dia di Catanzaro e non c’erano né sedie, né scrivanie, né computer. Loro li hanno portati e ogni giorno si sono prodigati nel contrasto alla ‘ndrangheta, Oggi sono in pensione ma devo ringraziarli per il grande lavoro che hanno fatto». (a. c.)

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