La trota siciliana è più a rischio estinzione del panda e della tartaruga marina

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Qualche anno fa anche l’Ispra aveva dedicato uno specifico progetto per salvaguardare la trota mediterranea. Ma evidentemente il problema persiste e in alcune zone d’Italia si sta anche aggravando, se è vero quello che emerge da un’analisi rilanciata dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn): la trota siciliana, appartenente alla famiglia della trota mediterranea, nome scientifico “Salmo cettii”, è a rischio estinzione. E, per dare un’idea di quanto grave sia il rischio, senza le necessarie misure di tutela questo pesce rischia di scomparire dalle acque siciliane prima di altre due specie iconiche, ovvero il panda e la tartaruga marina.

La trota siciliana vive solo nei corsi d’acqua della Sicilia sud-orientale. Un recente documento redatto dagli ittiologii Matthew Ford ed Antonino Duchi ha evidenziato gli innumerevoli problemi della specie. I due studiosi hanno infatti assegnato alla Salmo cettii lo stato di Critically Endangered (in pericolo in modo critico), cioè il livello massimo di rischio di estinzione. Tale documento è stato fatto proprio dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), un’organizzazione che monitora lo stato delle specie in tutto il mondo.

La valutazione di rischio di estinzione è avvenuta a seguito di un incontro specifico di ittiologi del sud-Europa tenutosi qualche tempo fa presso l’Università la Sapienza di Roma, in cui è stato aggiornato lo status di rischio delle varie specie di acqua dolce.

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«Sono vari ed innumerevoli i fattori di rischio per questa specie», afferma il Biologo Duchi. «Il primo è indubbiamente la riduzione del suo areale. Infatti un tempo probabilmente la specie era presente anche al di fuori degli Iblei, in corsi d’acqua in cui ora è assente. Inoltre l’immissione nel passato di trote di allevamento ha portato all’ibridazione, per cui adesso esiste una sola popolazione geneticamente pura: se si perdesse questa popolazione la specie si potrebbe considerare estinta dal punto di vista genetico».

Ma purtroppo sono molti altri ancora i problemi che la trota siciliana soffre, e che sono, ovviamente, in relazione alla cattiva gestione delle acque, dei fiumi e del territorio in generale. Dagli incendi alle estese secche, dalle piene catastrofiche all’inquinamento, alla cementificazione del territorio. Tutti problemi tra loro interconnessi e quindi che si potenziano tra di loro.

«Il rischio di perdere tale specie ittica non è solo quello, già importante, di una perdita di biodiversità, ancora più grave se si considera che la trota siciliana vive solo dei corsi d’acqua dell’isola – mette in rilievo il biologo ragusano – ma anche perché essa è un indicatore della qualità delle acque, cioè un finissimo sensore naturale vivente dello stato dell’ambiente. E ormai è evidente quanto è importante, anche per la salute umana, avere un ambiente di buona qualità».

«La perdita della specie siciliana sarebbe indubbiamente una sciagura», ha affermato il presidente della Fipsas (Federazione italiana pesca sportiva ed attività subacquee) di Ragusa Giovanni Altamore «e vanificherebbe l’impegno pluriennale dei pescatori per la fauna ittica e per l’ambiente». Ed in effetti la dedizione del mondo dei pescasportivi ragusani è stato notevole, a partire dai faticosissimi recuperi di trote in sofferenza per le secche nel torrente Tellesimo già a partire dagli anni ‘80. L’appello che viene lanciato è quello di aumentare l’impegno di salvaguardia e recupero, a partire da una più efficiente gestione della risorsa idrica e da una riqualificazione e rinaturalizzazione dei bacini imbriferi, a cominciare da quello del preziosissimo Tellesimo, indubbiamente uno dei corsi d’acqua più importanti della Sicilia. Un corso d’acqua dove, oltre alla trota autoctona, vivono altre interessanti specie acquatiche, quali l’anguilla (anch’essa a forte rischio di estinzione), il granchio di fiume e vari anfibi.

«Urge potenziare e dare continuità agli interventi di conservazione intrapresi negli anni – conclude il biologo siciliano – a partire dalla concretizzazione delle indicazioni della Carta ittica, sia di quella provinciale, già redatta e quindi applicabile immediatamente, che di quella di bacino, la cui realizzazione è stata avviata e che non deve essere interrotta». 



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